Tic Tac Tic Tac… La pioggia scandisce il ritmo accellerato del cuore, mentre tentiamo di non affondare sul sentiero di acqua che ci riporta a valle. Tutto è grigio, scuro, uggioso. Ma il mio cappuccetto blu è accanto a me, mi stringe la mano, mi porta con sé. (Rifugio Volpi al Mulaz, m. 2571)
Uno, Due, Uno, Due, Uno, Due, Pausa, Fatica, Fiato mozzo (per la fatica e il panorama), Acqua di ghiacciaio come fontana, prendere dalla natura ciò che regala, senza porsi domande e disinfettare tutto con l’amuchina della razionalità (e neanche con quella per alimenti). Il freddo, la tendina, il fornello che scalda la neve che useremo per cucinare, il latte caldo (da condensato) la mattina, le tue premure, l’alba che tinge di rosa le cime. Silenzio, pace, solitudine (in due), soddisfazione, 1000 metri di dislivello in un giorno. (Van delle Sasse, Gruppo Civetta-Moiazza, m. 2300 circa)
“Non preoccuparti, spigola, spigola!! è come sciare, peso a monte e piedi per traverso”, Ansia, Sete, Fatica, Panico, Lacrime, ghiaia che sfugge sotto le suole imprecazioni. Il mio boy (Scout) sempre lì, paziente, confortante, a volte anche irritante per la sua tanta sicurezza, nel mare delle mia ansie da strapiombo.(Forcella delle Sasse, Gruppo Civetta, m. 2476)
Il rifugio, eccolo è lì, lo vedo ci siamo. Il tuo ginocchio che scricchiola, si imbizzarrisce si irrigidisce. Il tuo zaino più pesante (testone!) sulle mie spalle, per provare ad arrivare salvi e più sani possibile alla meta, il sollievo di vedere il porto vicino. Lo sconforto per gli ultimi 200 metri di ferrata, praticamente veritcale con 15 kg sulle spalle e il ginocchio capriccioso. Paura, tanta, la mezz’ora più brutta, paura sopratutto per te, la mia inconsueta e pazzesca tecnica di discesa fondamentalmente ha funzionato (ma non lo farò mai più, promesso). Letto a castello, Doccia bollente nel bagno unisex, ciabattine IKEA finalmente, una bella birra Bianca, ciaccole con gli amici Tedeschi (conosciuti lì, non sappiamo neanche i loro nomi), super scalatori. Una scoiattolina austriaca con la grinta di un marines, tutta sola in giro per le dolomiti. Cena Calda, cuscino di piume, notte di pioggia al riparo di un tetto solido, i rumori del rifugio che si addormentano accanto a noi. (Rifugio Sonino al Coldai, m. 2132)
Il percorso, finalmente facile e ben tracciato. Il tuo ginocchio che ci dà un po’ di tregua, sole caldo, la parete delle pareti in tutto il suo splendore. Mucche felici, magre, atletiche. Prati dolci, pascoli, il monumento “all’alpinista della Georgia Sovietica” venuto a morire proprio lì, non si sa perchè, né come. La torre Venezia, maestosa accanto a noi. La soddisfazione finale, sapere di aver compiuto ciò che ci eravamo prefissati, insieme, in due, uno accanto all’altra. L’ennesima birra bianca, la macchina sotto il sole, il rientro a casa, doccia-pappa-camomilla-nanna. Il sonno pesante e ristoratore alle 19.30. (Celat, frazione di Vallada Agordina (BL), m. 976)
La montagna, quella vera (le “crode”, i sentieri, le salite, le discese, i ghiaioni, l’acqua di un torrente che scende dal ghiacciaio, i rifugi, la tendina microscopica, il fornelletto, lo zaino che pesa sulle spalle) è il luogo ideale per una coppia. Si diventa affiatati, nel vero senso della parola. Si respira, si pensa, si vive con poco assieme, nello stesso modo e momento. Si scopre il nocciolo vero del carattere (io ad esempio quando ho paura e sono stanca divento cattivissima, ma non mollo), ci si aiuta, ci si sopporta, ci si ama.
Io ad esempio ho realizzato nel profondo che ho accanto l’uomo perfetto (per me). Mi completa, mi capisce e mi conosce, anche meglio di me. Riesce a tirare fuori la tigrotta, anche quando da fuori sono solo un lamentoso gattino impanicato. Saggio e un po’ testone, è però abbastanza intelligente da saper chiedere ed accettare aiuto quando gli serve. Premuroso, ma non asfissiante, mi sopporta anche quando sono insopportabile.
E poi mi ama, che non è mica semplice. Ed io amo lui, un po’ di più ad ogni passo che facciamo assieme.